Un frullo d’ali del tempo ed è già Natale, il nostro Natale, quello che è dato al nostro tempo. Con il suo vorticoso turbine emotivo alimentato dai ricordi, quell’aspetto ammaliante che lo rende lo spettacolo più bello a cui l’essere umano assiste da venti secoli. Un anno è trascorso dal momento in cui sperammo di essere fuori dal tempo del pericolo, dell’incertezza. Ci sentimmo in salvo, come avessimo poggiato il piede sulla terraferma, dopo i giorni terribili della pandemia. Soltanto pochi giorni dopo, però, ci toccò prendere atto del dramma che ancora divampa nella nostra cara e vecchia Europa, il conflitto in Ucraina, alle porte del nostro continente, che ci ricorda come non siamo affatto in salvo.

Nessuno ha la coscienza pulita se nel 2022, nella culla della civiltà meridiana, una guerra feroce minaccia la vita ed i giorni che verranno. La nostra coscienza ne esce ferita profondamente. E i nostri giorni, il nostro Natale, di conseguenza, sono profondamente messi in pericolo. A nulla valgono le strategie di distrazione di massa escogitate dai maghi della comunicazione mondiale. Nessuno è in salvo e, soprattutto, non ci si salva da soli.

C’è, però, per fortuna, la solita luce in fondo al tunnel. L’abbiamo cercata quando eravamo ammalati. Ci siamo stretti in un abbraccio ed abbiamo sentito il cuore battere, la migliore conferma del fatto che fossimo ancora vivi. Piano piano, ogni singolo giorno, abbiamo annaffiato la pianta della speranza, con cura ed amorevolezza, spingendo avanti i nostri pensieri più sani, perché tutto tornasse migliore di prima. La solidarietà, in cui ci siamo ritrovati avvolti, è stata la medicina del nostro dolore. Una cura radicale, non un anestetico delle coscienze.

Ripartiamo da qui: dalla luce in fondo al tunnel. Anche la nostra comunità cittadina ha sperimentato il dolore, la sofferenza, la solitudine. Sono tanti i momenti in cui non ci siamo sentiti uniti, accomunati dalla stessa storia, perché proprio quella storia era stata messa a soqquadro da avvenimenti che ne avevano sconvolto la stessa ragione d’essere, sovvertendone ogni logica. Ripartiamo assieme da parole e gesti che uniscono; da atti che uniscono: come quello con cui Andria ha riaccolto, in una dolce cerimonia di riaggregazione, la piccola Graziella Mansi nel suo ventre. In un luogo caro a noi tutti, in cui la memoria si sostanzia e si fa monito solenne, perché questo non accada più.

Cinque minuti prima della mezzanotte, proverò a chiudere gli occhi ed a rivolgere una preghiera alla nostra debole umanità. Dio dell’universo, in ogni forma in cui l’essere umano possa riconoscerti, regalaci la forza del ricordo, dell’ascolto e della riflessione. Per chi crede, per chi non spera più e per tutti noi: che la forza della Vita divampi come una fiamma potente e ci regali più luce e più speranza.

Restiamo uniti

Buon Natale!”

 

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