Racconti densi di emozione, di esperienza, di sacrificio, ricche di amore. L’amore di Salvatore Attanasio, per suo figlio Luca, Ambasciatore italiano in Congo, morto a soli 43 anni in un attentato durante una missione del PAM (Programma alimentare Mondiale) insieme al carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e un autista congolese del Pam. E l’amore di Giovanni Impastato per suo fratello Peppino, attivista giornalista e convinto sostenitore della lotta alla mafia, da questo ucciso a soli 30 anni. Due giovani impegnati, mossi dall’inquietudine costante della ricerca della giustizia sociale, dell’equità, della pace. L’uno in Africa, nel sud del mondo, l’altro in Sicilia, nel sud Italia. I loro racconti ed i loro aneddoti hanno riempito la sala consiliare in questa seconda giornata del Festival della Legalità, davanti d un pubblico di studenti di scuola media degli Istituti “Fermi” – “Di Donna” e “Manzoni”.
«Luca era un sognatore – ha spiegato il papà Salvatore – il suo sguardo era sempre rivolto in alto, a qualcosa di nuovo da raggiungere. Il suo era un operare senza sosta. Era solito dire che “Chi è più fortunato, chi nasce “nella parte felice” del mondo, ha il dovere di fare qualcosa per gli altri”. Tolte giacca e cravatta, Luca ha vissuto la carriera diplomatica come missione di pace, volta a dare voce a chi è dimenticato, agli ultimi. La sua vita è piena di incontri, di progetti, di sogni che ha seminato, poco per volta, e solo ora noi ne stiamo raccogliendo i frutti. A nostra insaputa. Perché Luca operava nel più totale silenzio». Luca Attanasio era un ambasciatore di pace, promotore di giustizia ed equità sociale. Operava al fianco degli ultimi e nel suo ruolo creava ponti di collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi. Arriva in Congo dopo le esperienze in Svizzera, Marocco e Nigeria. La sua è una carriera diplomatica caratterizzata da una “diplomazia umana, fatta di missioni”: una missione il cui obiettivo era non lasciare nessuno indietro. Nell’ottobre del 2020, fu insignito del Premio Internazionale Nassiriya per la pace per il suo impegno. Salvatore, dopo la sua morte, gira il mondo per raccontare la vita di Luca, perché su di lui non cada l’oblìo, ma continui a vivere attraverso ciò che ha lasciato.

Il racconto di Giovanni Impastato attraversa tre decenni della storia contemporanea: in una Cinisi in mano alla mafia legata all’agricoltura, in una famiglia (Impastato) mafiosa. Giovanni, fratello minore di Peppino, assiste alla profonda frattura nel rapporto tra il padre, Luigi e il fratello. Peppino, dopo essere stato cacciato di casa, avvia un’attività politica ma soprattutto culturale contro la mafia. E Giovanni lo affianca, anche se ha tanta paura per lui, come racconterà. Una lotta alla mafia fatta di cultura, ironia, informazione, impegno che ha il suo punto massimo nel 1977 quando fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, attraverso cui si denunciano i delitti e gli affari dei mafiosi. Il sacrifico di Peppino, ammazzato dalla mafia il 9 maggio del 1978, su mandato di Gaetano Badalamenti, segna il passaggio del testimone della lotta alla mafia: da Peppino a Giovanni e a sua madre Felicia. Da allora Giovanni gira l’Italia raccontando suo fratello, quello che è stato capace di generare, con un messaggio ancora fortemente attuale: «La lotta alla mafia – ha detto Giovanni parlando ai ragazzi – non può essere di un solo individuo. É il frutto di un’azione collettiva, di partecipazione attiva, di tutela del bene comune. Uscite dall’individualità, relazionatevi, incontrate gente ma soprattutto conoscete, informatevi, ragionate con la vostra testa».

«Il festival della Legalità ci dà ogni anno la possibilità di ascoltare testimonianze, esperienze, parole preziose direttamente da chi ha vissuto esperienze forti – ha commentato il sindaco Giovanna Bruno – che non possono essere dimenticate, ma che vanno invece ricordate, tramandate, perché non si dimentichi il sacrificio di tanti uomini e donne che si sono battuti per un ideale. Per questo oggi abbiamo inaugurato con questi testimoni di legalità il Giardino dei Giusti al “Parco Cardinale Ursi”: per lasciare traccia di uomini e donne che hanno fatto del bene nella loro vita». All’assessora alla Bellezza Daniela Di Bari il compito di lasciare un segno in questa giornata di memoria e riflessione: cento pensieri che segnano i cento passi del percorso di Peppino Impastato ed una lettera consegnata ai ragazzi, quella che Luca Attanasio scrisse a se stesso, per spronarsi a fare sempre meglio.
Andria, dunque, da oggi entra nella Rete dei Giardini dei Giusti, portato avanti dalla Gariwo – La foresta dei Giusti: un luogo simbolico della città alla memoria di donne e uomini che hanno fatto e perseguito Il Bene. Dopo Falcone e Borsellino, nel Giardino oggi sono stati impiantati due alberi con due targhe commemorative per Luca Attanasio e Giovanni Impastato. A futura memoria del loro impegno. Una iniziativa quella odierna resa possibile grazie all’impegno del Console Onorario Riccardo Di Matteo.

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