DOMENICA 18 MAGGIO:QUARTO APPUNTAMENTO CON L’ACCADEMIA FEDERICIANA “LA BUONA NOVELLA E ALTRE ANALOGIE Domenica 18 maggio alle ore 19.30, presso la Galleria per l'Arte in via d'Excelsis, 22, si terrà il quarto appuntamento con la Stagione Concertistica curata dall'Accademia Musicale Federiciana e patrocinata dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Andria. In questo quarto appuntamento, dal titolo “La buona novella e altre analogie”, si esibiranno Michele Sinisi, voce recitante, Walter Folliero, al violino, Marco Laccone , alla chitarra e Annalisa Carbonara, soprano. “La Buona Novella” trae spunto dai vangeli apocrifi, in particolare dal Protovangelo di Giacomo (“fratellastro” di Gesù), e viene qui a delinearsi come un ricordo, procedendo cioé per “accostamenti analogici, salti logici e riprese emotive”. Il racconto musicale “apocrifo” si apre con un brano eseguito secondo la trascrizione originale per violino e chitarra. Dopo questa sorta di “invocazione iniziale”, che si addice al tema sacro e alla tragicità degli eventi narrati, vi è una sorta di introduzione del tema, attraverso la prima analogia, che rimanda ad una vicenda in cui amore e morte si intrecciano, come due opposti che fanno parte dello stesso divenire… L'accostamento “per opposti” è ribadito, anche musicalmente, dal successivo “laudate dominum”, condotto da voci liriche e chitarra elettrica, con suoni manipolati. A questo punto, la voce maschile comincia a narrare dell'infanzia di Maria, chiusa nel Tempio di Gerusalemme a soli tre anni come strumento di fede dei suoi genitori. La solitudine della bambina viene combattuta con la speranza per il futuro, evidenziata nella seconda analogia. Le analogie sono connesse alla storia attraverso temi e interpretazione, non attraverso i riferimenti del testo: del resto, i ricordi sono sempre un po' “sfocati” e mescolano esperienze e tempi diversi, soprattutto quando vengono rivissuti “come in sogno”. Maria è scacciata dal tempio perché, una volta donna, non “contamini” il luogo sacro. Viene quindi affidata a un anziano vedovo, Giuseppe, di mestiere falegname, che deve allontanarsi per quattro anni per dei lavori fuori dalla Giudea. Al suo ritorno, Giuseppe trova Maria incinta per mano di “un angelo di Dio” e ne ascolta il tenero sogno d'amore, perdonandola con una carezza sul viso. La gioia di diventare madre fa da contraltare agli sguardi maligni e sospettosi della gente, che Maria è costretta a subire; si innesta così la terza analogia, una riflessione, partendo dalla favola di “Pinocchio”, sulla condizione di inferiorità e sfruttamento della donna, anche in nome dell'amore, quando è fatto di falsa adulazione e ipocrisia. Successivamente, la scena si sposta direttamente alle vicende della Passione: Maria visita la bottega di un falegname per scoprire che la croce più grande che questi sta costruendo è destinata a suo figlio; la drammaticità della situazione è introdotta da un motivo intonato con aria “ingenua e leggera”, secondo quell'accostamento di opposti già accennato. Segue la descrizione degli stati d'animo della via crucis, in cui si distinguono i genitori dei bambini morti nella strage degli innocenti carichi di desiderio di vendetta, le donne piangenti, gli apostoli terrorizzati all'idea di essere riconosciuti, gli uomini del Potere intenti a spiare (e manipolare) le intenzioni del popolo, i due ladri, Tito e Dimaco (i cui nomi variano nei vari vangeli), costretti a condividere la sorte di Gesù. Le madri dei tre condannati si ritrovano a piangere sotto le croci, e danno luogo a un dialogo drammatico e poetico, in cui Maria piange il distacco da suo figlio, dettato da un destino che non l'ha mai vista partecipe delle sue scelte. Il dramma giunge al suo epilogo con le ultime parole di Tito (il “ladrone buono” della tradizione), che, pur confutando i dettami dei comandamenti rispetto ad una realtà che non lascia spazio alle “vite ideali”, vede nel sentimento di pietà per Gesù quell'amore che non aveva mai conosciuto in vita. L'analogia finale, “Grazie alla vita”, si inserisce a questo punto con un sentimento dolce e amaro allo stesso tempo, indicato anche dal diverso canone interpretativo delle due voci, maschile e femminile: rappresenta il commiato dalla vita, ringraziando tutte le parti del corpo e dell'anima che ci permettono di essere partecipi al mondo attraverso questo bene, unico e preziosissimo. L'invito è esteso a tutta la cittadinanza ricordando che l'ingresso è libero fino ad esaurimento posti.

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